L’omaggio alle donne di Finardi
La neve scendeva forte, le persone – ben 280 – in chiesa scaldavano la tenda in cemento pieni di emozione e sincera partecipazione.
È stato un bel concerto quello che Finardi ci ha regalato l’8 dicembre in occasione dell’annuale “Omaggio a Maria”.
Riprendiamo l’articolo apparso sui giornali.
Finardi si è presentato in trio acustico accompagnato dalle chitarre classiche, acustiche, elettriche di Daniele Giordano e Giovanni Maggiore (alias Giuvazza). Un concerto molto intimo come si addice al luogo che Finardi ha voluto a sua volta onorare offrendo un repertorio musicale che innanzitutto è stata – come nella cifra stilistica di molti suoi testi – una celebrazione dell’amore e della donna (Madonna) attraverso brani come Patrizia, Non è nel cuore, Amore diverso.
Presentando Le ragazze di Osaka Finardi ha ricordato il dramma sanitario del nostro tempo dove abbiamo un po’ tutti sperimentato il “non voglio essere solo mai”.
Il “peccato” di questa nostra stagione contemporanea è l’eccesso di centratura sull’io, ha esplicitamente detto l’artista.
L’attualità si è fatta nuovamente pungente nel canto Mezza Luna: l’angoscia per la guerra del Golfo di ieri è diventata angoscia sanitaria dell’oggi.
Le cover prima di Franco Battiato (un omaggio all’artista con Oceano di silenzio) e di Leonard Cohen (in una libera interpretazione della conosciutissima Halleluja: “Leonard avrebbe meritato il Nobel accanto a Bob Dylan”, ha chiosato Finardi) e poi la traduzione della One of Us di Joan Osborne in Uno di noi hanno incarnato la ricerca spirituale di Finardi.
Una ricerca che il cantautore milanese non ha esitato a chiamare dell’Assoluto.
La spiritualità cantata di Finardi non è per nulla astratta, semmai è qualcosa di molto incarnato che per l’assemblea (più che pubblico) non ha esitato a percepire perfino come una preghiera.
Non è mancato un riconoscimento al nostro Belpaese con Dolce Italia.
Infine, l’omaggio alla duplice tradizione religiosa con una personale rilettura del classico natalizio Adeste Fideles e dell’inno americano Amazing grace, cantato a cappella, ha chiuso il concerto come un’invocazione e il riconoscimento di un uomo che alla soglia dei settant’anni non si stanca di fare della musica e del canto la sua forma di preghiera.