La benedizione delle coppie omosessuali
La recente dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni delle nuove forme di legame ha sorpreso la chiesa stessa. Papa Francesco invita all’accoglienza e alla misericordia
Longuelo Comunità, EDITORIALE gennaio 2024
“Dio benedice tutti!” Ancora una volta Francesco, ospite di Fazio a Che tempo che fa, ha spiazzato tutti. Nessuno si attendeva un’apertura del genere nei confronti delle nuove coppie omofile. La recente dichiarazione Fiducia supplicans sulle benedizioni è curata dal Dicastero per la Dottrina della Fede, ma si percepisce l’ispirazione papale. Un notevole cambiamento. Il pontefice argentino fiutando e leggendo i segni dei tempi (non delle mode) ha recepito un’istanza fondamentale: la cultura da tempo – forse, già a partire dal Sessantotto – sta registrando una nuova visione della sessualità e un nuovo concetto dei legami amorosi. Diciamolo subito: l’accelerazione pastorale di Francesco non è una resa a quella fetta di mondo contemporaneo che da anni sta premendo per il riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto (questione che prima o poi andrà presa seriamente in considerazione) e non è nemmeno un modo furbino per ottenere il consenso da parte di quelle frange di credenti ormai lontane da una chiesa non più corrispondente proprio perché incapace di assumere la complessità del reale. La dichiarazione – per come l’ho ricevuta io – potrebbe essere implicitamente un’apertura di credito nei confronti dei legami omosessuali. Qualcuno osserva che la possibilità della benedizione non significa il riconoscimento tout court delle coppie gay (del resto è lo stesso papa che dice “benediciamo le persone, non le organizzazioni” [Lgbt, ndr]) ma soltanto (soltanto?) che nessuno può essere escluso dalla benedizione divina. Conflitto di interpretazioni. Non sfugge, però, che l’omosessualità non sia più concepita come una perversione morale, una distorsione del comportamento affettivo, ma una possibile concretizzazione di ciò che chiamiamo umanamente amore. L’amore omosessuale è qualcosa che va sotto il nome dell’umano. Possiamo essere d’accordo o meno, ma la possibilità di benedire (dire-bene) delle coppie gay è non solo pastoralmente ma anche umanamente una consistente – perché inedita – promozione dell’inclusività. Il papa ha anche voluto accogliere la richiesta di alcuni paesi del nord Europa e senza sottomettersi a ricatti ecclesial-culturali con questa dichiarazione egli invita la chiesa all’accoglienza cancellando decenni di marginalizzazione ecclesiale. (Andrebbe aggiunto che le chiese africane si sono opposte alla dichiarazione che, recependo soltanto le istanze euro-occidentali, non tiene conto di quelle di altri continenti dove l’omosessualità è impensabile). La sensibilità contemporanea non accetta più l’esclusione di donne e uomini che chiedono di essere definiti non innanzitutto per l’esercizio della loro sessualità e la destinazione dei loro affetti ma per il loro essere persone. Il documento, che ovviamente come tutte le cose che dice e fa questo papa dividono, non parla della possibilità del sacramento del matrimonio per chi vive una relazione omofila stabile, ma offre la possibilità di una benedizione. Sembra poco, ma è tantissimo. La scelta di Francesco è dichiaratamente pastorale, in piena consonanza con l’accezione suggerita dal concilio Vaticano II che ha fatto del “pastorale” il punto di partenza per ogni sua riflessione teologica. L’aggettivo non è da intendersi come qualcosa di poco valore: pastorale è lo stile con cui la chiesa cerca di far incontrare l’uomo con Dio, la maniera con cui si cerca di favorire l’incontro dell’uomo con il vangelo che è la verità dell’umano stesso (secondo l’umano di Gesù). La dichiarazione non compara il sacramento matrimoniale con la benedizione omofila; sta semplicemente facendoci capire che nessuno deve essere escluso dalla benedizione di Dio. Nulla di ciò che è umano ed è creato da Dio è esente dallo sguardo promettente della Divina Tenerezza. La sorprendente dichiarazione è la validazione di un assunto biblico elevato da Francesco a principio del suo stesso pontificato: la misericordia. La chiesa esercita la misericordia non per buonismo o, appunto, per scaltra Realpolitik ma semplicemente perché non è una dogana di controllo delle pratiche morali dell’uomo. Il compito della misericordia è incoraggiare a credere che Dio guarda l’uomo innanzitutto per quello che è: una persona. Bisogna partire da questa considerazione per accogliere con sincerità la mossa di cavallo sulla scacchiera pastorale della chiesa. Sarebbe uno scandalo se nelle nostre comunità cominciassimo a ospitare la presenza pastorale di coppie omofile all’interno dei nostri consigli di governo o della liturgia o, ancora, della catechesi? Se ne può parlare. Anzi si deve.
La dichiarazione unica nel suo genere è la validazione di un assunto biblico elevato da Francesco a principio del suo stesso pontificato: la misericordia.